Nobel, Von Suttner, Sobrero

Sobrero, Nobel e la vera storia della dinamite (pubblicato sulla rivista Turin, storia e storie della città, aprile 2013)


di Paola Maria Delpiano

 

Gli studiosi la chiamano un po’ pomposamente “storia controfattuale”. Si tratta, in realtà, di un esperimento molto semplice: cosa accadrebbe oggi se certe vicende del passato si fossero svolte diversamente?

Con un piccolo sforzo di fantasia potremmo immaginare che i premi Nobel in realtà si chiamano Sobrero e vengono assegnati ogni anno il 26 maggio a Torino, invece che a Oslo e Stoccolma. Potremmo sognare la città che annualmente si trasforma in capitale delle scienze, addobbata e agghindata per accogliere i più importanti ricercatori, intellettuali e operatori di pace del mondo.

La storia, però, non si fa con i “se” e con i “ma” e il motivo per cui Alfred Nobel verrà eternamente ricordato, mentre la figura di Ascanio Sobrero rimarrà per sempre nell’ombra, risiede nei fatti che seguono.

 

Il racconto comincia a Torino più di 150 anni fa grazie a un giovane chimico le cui sorti seguono all'incirca quelle dell'ormai noto Meucci e del suo travagliato telefono. Immaginiamoci quindi nella capitale sabauda, anno domini 1847, nell'isolato di San Francesco da Paola già dei Frati Minimi, al civico 18 di via Po. Nelle fredde giornate di gennaio un giovane scienziato trentaquattrenne traffica con alcuni assistenti nel teatro-laboratorio della Scuola di Meccanica e Chimica applicata alle Arti della Regia Camera di Commercio di Torino, istituita da poco. Sta studiando miscugli esplosivi a base di acido nitrico.

Il personaggio in questione si chiama Ascanio Sobrero (12 ottobre 1812 – 26 maggio 1888), casalese di nascita, membro di una famiglia originaria di Cavallermaggiore in provincia di Cuneo. Lo zio paterno Carlo Raffaele è da anni direttore del laboratorio chimico dell’Arsenale delle Polveri di Torino. Ascanio è quel tipo di medico che non esercita la propria arte nel senso tradizionale del termine; di recente è rientrato a Torino da un viaggio di istruzione presso certi illustri laboratori chimici europei. Un paio d’anni li ha passati a Parigi a far pratica con Théofile-Jules Pelouze già docente alla Sorbonne. Poi si è trasferito a Giessen, Germania, da Justus von Liebig inventore dell’estratto di carne che osservava nelle cucine delle nonne.

Erano anni in cui la chimica si concentrava su scoperte di grande effetto. Il dado per il brodo fu una di esse, dal momento che penetrò nelle case di tutto il mondo cambiandone per sempre le abitudini. Ma in questi celebri e affascinanti laboratori chimici, l’impatto che si stava studiando era un altro: i materiali esplodenti. Imprenditori, industriali e governanti non vedevano l’ora che si mettesse a punto la formula esatta di uno o più composti chimici dall'effetto esplosivo più efficace della polvere pirica considerata ormai poco incisiva sui campi di guerra e negli usi civili.

Il nostro Sobrero, ancora apprendista e per nulla stregone, azzecca per primo la formula esatta di un composto che battezzerà piroglicerina fulminante, meglio conosciuta come nitroglicerina. L’intruglio, dotato di una notevolissima potenza esplodente, è pronto per essere presentato al mondo della scienza. Il chimico prepara attentamente la prolusione e illustra i risultati del proprio perseverante lavoro il 21 febbraio 1847 agli insigni colleghi dell’Accademia delle Scienze di Torino. Ma, contemporaneamente, commette un errore imperdonabile: non si premura di brevettarne la formula, anzi la pubblica in un baleno sulle più rinomate riviste scientifiche internazionali. Onesto, ma ingenuo. Ottiene, è pur vero, i titoli per accedere all'agognata carriera universitaria che gli era stata preclusa dall'inspiegabile bocciatura all'esame di aggregazione (l’attuale dottorato) ed entra di diritto nel pantheon dei grandi scienziati. Ma la storia è pronta a riservargli un'inaspettata sorpresa.

 

Anni più tardi infatti una copia della rivista francese che reca la sua scoperta viene letta da un intraprendente svedese di vent'anni più giovane: Alfred Nobel, nome oggi noto ovunque, a differenza di Sobrero ingiustamente ignorato fin dal pubblico italiano. Nobel è intelligente e scaltro, capisce che la nitro non serve tanto a ottenere accademici riconoscimenti, quanto a far business. Comincia a produrla artigianalmente presso il magazzino della casa paterna a Stoccolma. Il materiale è instabile, maneggiarlo è pericolosissimo; esplode facilmente e provoca terribili incidenti. In uno di questi muoiono cinque persone tra cui suo fratello minore Emil; in un altro, suo padre rimane gravemente ferito agli arti inferiori ottenendo una depressione che gli renderà la vita un inferno. Ma Alfred non demorde, si ingegna, prova e produce. Nel 1867 trova la soluzione per stabilizzare la nitroglicerina e inventa la dinamite il cui brevetto viene immediatamente depositato in Inghilterra e in Svezia.

Il momento è propizio per iniziare una produzione industriale della nuova scoperta, ma il governo svedese rende la vita Nobel impossibile con leggi e divieti a tutela della sicurezza pubblica. Conosce Paul Barbe, futuro ministro dell'agricoltura francese, insieme convincono il governo francese a concedere loro una sede per l'impianto di un’ingente fabbrica di materiali esplodenti a Paulilles, sulla costa mediterranea vicino al confine spagnolo. Sarà il primo stabilimento della Società Anonima Dinamite Nobel che in breve tempo diventerà una holding internazionale.

Il secondo dinamitificio aprirà in Piemonte, ad Avigliana, nel 1872. Qui la società Nobel rileva un sito già destinato a polverificio e lo trasforma in una delle più grosse fabbriche di materiale esplodente a uso civile e bellico dell'epoca. Ironia della sorte, consulente della fabbrica sarà lo stesso Sobrero. Un altro illustre chimico torinese, Primo Levi, lavorerà sulle sponde dei laghi nell’immediato secondo dopoguerra.

Tornando Nobel, costui gira il mondo per vendere i suoi brevetti scambiandoli con partecipazioni societarie di aziende che producono dinamite e polveri belliche. Pone il solo vincolo che il suo nome compaia in tutte queste iniziative industriali. Così sarà. Ma anche a Nobel la storia riserva una sorpresa importante dalla quale trarrà enorme vantaggio grazie all'indiscutibile acume. A quarant'anni, solo e ricchissimo, decide di metter su famiglia e lo fa con un brillante colpo di teatro. Pubblica su un giornale un annuncio: «signore di una certa età, vivente a Parigi, ricco e molto colto, vorrebbe incontrare una signora esperta e di una certa classe, che conoscesse qualche lingua straniera, disposta a fargli da segretaria e da dama di compagnia». All'appello risponde una nobildonna decaduta, istruita e poliglotta in fuga da una storia d'amore difficile. La baronessa Bertha von Suttner incontra dunque Nobel in Francia e gli fa da segretaria per due sole settimane, prima di tornare di corsa dal fidanzato finalmente deciso a sposarla. Triste destino per lo svedese che in pochi giorni si era innamorato di questa donna attraente, dal carattere deciso, una delle prime pacifiste europee che sarà insignita del premio Nobel per la pace nel 1905.

Definitivamente solo, il ricco industriale si trasferisce nel 1891 a Sanremo per trovare sollievo, nel clima mite, alle frequenti crisi di angina pectoris. Muore qui, il 10 dicembre 1896 a soli sessantatre anni, di emorragia cerebrale dovuta alla somministrazione in dosi eccessive di trinitrina, nient'alto che nitroglicerina ad uso farmaceutico.

L'anno prima aveva inaspettatamente deciso di rendere onore a Bertha von Suttner con cui era rimasto in contatto epistolare, modificando radicalmente il testamento in precedenza depositato. Nel nuovo documento, anziché destinare l'ingente eredità ai figli dei due fratelli, descrive minutamente i futuri premi praticamente come li conosciamo ancora oggi.

In questo modo, Alfred Nobel si è consegnato alla storia come uno dei più importanti e noti benefattori di tutti i tempi. Ascanio Sobrero, invece, rimarrà per sempre nell’ombra, insieme alla sua onestà intellettuale e al suo rimorso: «Ripensando alle vittime che la nitroglicerina ha fatto colle sue esplosioni, ed ai tremendi danni che derivarono e ne deriveranno ancora, quasi mi vergogno d’aver scritto parole di rivendicazione della sua scoperta, e solo mi conforto pensando che nella necessaria concatenazione dei lavori di chimiche indagini, la nitroglicerina si sarebbe pur tosto o tardi rinvenuta, se non da me, da altri Chimici e che i lavori presenti e futuri, diretti all'utile impiego di un corpo così violento e pericoloso, giungeranno a farlo più docile ai voleri dell’uomo, sicché tutti gli utili rimangano alla scoperta, scevri da tristi conseguenze che finora tratto tratto si dovettero lamentare». L’auspicio, come sappiamo, rimane ancora disatteso.


 

 

 

 

 

 


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